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"Il senso di essere utile e persino indispensabile, sono bisogni vitali dell’anima umana”, così scrive Simone Weil ne “La prima radice”.

Dall’articolo di Vittorio Pelligra ne Il sole 24 ore, prendiamo spunto per riflettere, anche noi, sui cambiamenti dopo i mesi di chiusura a causa del Covid-19.
Scrive Pelligra “Le conseguenze dello stop che le attività economiche, piccole o grandi, hanno subito a causa del lockdown, il 65% del totale, si stima, per complessivi otto milioni di lavoratori, non si riflette solo nella chiusura fisica dei luoghi di lavoro, nella riduzione dei redditi degli addetti, nelle difficoltà di una riapertura. Anche, naturalmente. Ma forse il costo più grande, perché più profondo e fondamentale, che ci si è rovesciato addosso è stato quello derivante dalla sospensione temporanea della possibilità di sentirci utili, attivi, di esercitare creatività, ingegno e servizio. Tutte componenti primarie di ciò che noi definiamo “lavoro””.
Partendo dalla riflessione di come ci sia una visione angusta del lavoro, considerato per certi versi una merce, e di come questa visione non possa produrre nessun miglioramento, spiega di come sia possibile “raccontare un’altra storia”, perché evidenzia come ne abbiamo gli strumenti, l’occasione e soprattutto la necessità.
Ecco allora che un punto importante diventa la non strumentalità del lavoro che “…dovrebbe essere sempre più, luogo e strumento di realizzazione di un progetto, di ricerca di senso e di fioritura umana.”
E che bello quando si parla del ruolo delle competenze che “sono una componente importante del benessere lavorativo”.
Vi invitiamo a leggere l’interessante ragionamento che viene sviluppato e gli spunti che vengono proposti, affinché si possa soddisfare, anche attraverso il lavoro, il bisogno delle persone di “essere utili e persino indispensabili”.